Cos'é la consapevolezza?


Il Vocabolo pali sati significa ‘ricordare’, che in italiano a sua volta vuol dire ‘riportare al cuore’; Nelle discipline indiane come il Buddhismo, il cuore è considerato il fulcro dell’esperienza intellettuale ed emotiva, la sede della mente, e per questa ragione, l’atto di riportare qualcosa all’attenzione della mente era detto ri-cor-dare.
Quando si tratta di riportare all’attenzione della mente eventi accaduti nel passato si parla di ricordo, mentre se si sta prestando attenzione a qualcosa che sta accadendo nel momento presente parliamo di osservazione consapevole o consapevolezza. Sati è così sinonimo di consapevolezza o attenzione al presente.
l’attenzione al presente di cui parla il Buddha è consapevolezza diretta, non mediata e priva di giudizio (mi piace, non piace etc), ma tuttavia è pur sempre consapevolezza di qualcosa  a cui stiamo deliberatamente prestando attenzione.
La differenza fra coscienza e consapevolezza sta nel grado di valutazione dell’oggetto osservato: la coscienza si limita a registrare la presenza di un dato oggetto entro il campo dell’attenzione cosciente, mentre la sati produce una valutazione dell’oggetto esperito: Se, ad esempio, ci ritroviamo a sperimentare un momento di rabbia, la coscienza registrerà tale stato rabbioso come “che rabbia!”, mentre la consapevolezza riconoscerà che in questo momento: “In me c’è rabbia” o nelle fasi più profonde ” c’è rabbia”.
A scanso di equivoci, è utile rammentare che per una persona non ancora giunta alla piena maturazione spirituale, (lo stato risvegliato), entrambe queste due modalità di esperienza sono determinate dalla costruzione fondamentale dell’Io e del Mio:  (Io) sono arrabbiato, nel caso della coscienza priva di consapevolezza, e (Io) sono consapevole della rabbia, nel caso di un esperienza consapevole di tale stato d’animo.  Il senso dell’Io è presente anche durante gli stadi di meditazione più avanzati, incluso l’esercizio formale delle meditazione di consapevolezza o di qualsiasi altra forma di meditazione. Solo i Buddha e gli Arahant, essendosi liberati dall’illusione di un Sé o Io sostanzialmente esistente, sono in grado di esperire gli oggetti della realtà fenomenica in una modalità non egoica.
Nei discorsi, il Buddha era solito accompagnare il termine sati con un altro termine: Sampajañña, che letteralmente vuol dire chiara comprensione. Se il compito della sati è di riconoscere quanto sta accadendo per quello che è (sono arrabbiato e riconosco di esserlo), quello di Sampajañña è di comprendere chiaramente che quello stato di rabbia con i quale mi sono identificato, è di per se doloroso, oltreché mutevole e contingente. ( c’è rabbia in me, ma è uno stato emotivo doloroso che passerà e se ne andrà come tutte le altre volte, non è mio, non è il mio Sé..).
Il binomio sati-Sampajañña è quindi lo strumento per eccellenza nel sentiero verso l’emancipazione dalla sofferenza emotiva. in sintesi , Sati è osservazione, Sampajañña è chiara comprensione.
Il nostro modo cognitivo ordinario è uno stato di tipo riflessivo, ovvero uno stato in cui si pensa a  cose avvenute nel passato, che stanno avvenendo nel presente (ma senza consapevolezza e chiara comprensione) o che avverranno in futuro senza la benché minima consapevolezza di quanto stia accadendo nella mente né di quale sia la reale natura di quel pensato;
Senza consapevolezza, l’esperienza immediata (l’atto della percezione mentale di una serie di oggetti) diventa un’ esperienza meramente riflessiva, potenziale causa di errata comprensione circa la natura dell’oggetto esperito e dell’esperienza stessa.
Di contro, nel caso dell’osservazione consapevole, la nostra esperienza immediata diventa osservazione diretta, e questo ci permette di poter comprendere quanto sta accadendo in presa diretta, minimizzando così le possibilità di una reazione disarmonica, sia dal punto di vista della reazione interna, (pensieri ed emozioni) che di quella esterna (parole, azioni e decisioni).
Nell’ambito specifico della meditazione buddhista, la pratica di consapevolezza ha diversi scopi ed applicazioni:
1:Indurre uno stato di calma e tranquillità propedeutico all’esercizio dell’introspezione, come nel caso della meditazione sulla consapevolezza del respiro;
2:Sostenere lo sviluppo della consapevolezza stessa, l’arte dell’osservazione non giudicante rivolta al corpo, alle sensazioni, alla mente ed agli oggetti della realtà – come nel caso della pratica dei Quattro fondamenti della consapevolezza –  pratica finalizzata alla comprensione della vera natura della nostra esistenza psicofisica;
3: Generare stati mentali virtuosi e salutari, che vanno cioè nella direzione della libertà, spostando volontariamente l’attenzione da un oggetto deleterio (come il rimuginare una situazione spiacevole), verso un oggetto pacificante, calmante o rinvigorente della gioia e del benessere, come le meditazioni sulla figura del Buddha, -chiamata non a caso Buddhanussati o consapevolezza del Buddha – l’amorevole gentilezza o la gioia altruistica.
4:Promuovere l’equanimità, ovvero la centratura nei confronti degli scossoni che egli riceve costantemente dallo sperimentare  attraverso i propri organi di senso gli oggetti sensoriali attraenti, sgradevoli o indifferenti e le relative esperienze di piacere, dolore e indifferenza, a loro volta basi per il manifestarsi delle tendenze fondamentali alla bramosia, all’avversione e all’ignoranza, come avviene in tutti quei casi di pratica -formale ed informale- in cui il praticante mantiene l’attenzione fissa su un singolo oggetto, come il respiro, la camminata, o le parti del corpo.
5: Sostenere la coltivazione della condotta etica virtuosa o sila: la pratica dell’abbandonare quelle attività nocive o malsane necessita per forza di cosa della presenza della attenzione consapevole rivolta a ciò che stiamo facendo, a ciò a cui stiamo pensando o che stiamo per dire.
Senza l’attenzione vigile a fare da cuscinetto fra i nostri stati d’animo e le azioni o le parole che ne conseguono, il rischio di fare o dire cose sconsiderate e dannose per il nostro ed altrui benessere è molto più alto.
Tuttavia, bisogna ricordare che la consapevolezza è solo uno fra gli strumenti insegnati dal Buddha, che per altro necessita di essere contestualizzata nel più ampio contesto del sistema teorico pratico del Dharma Buddhista.
La consapevolezza si sviluppa all’interno di un sistema di valori etico-spirituali ed è a sua volta e propedeutica allo sviluppo di altri elementi, quali il raccoglimento profondo, l’equanimità e la comprensione. Tale sistema è conosciuto come il Nobile ottuplice sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza, di cui la ‘Giusta Consapevolezza è uno dei fattori.

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